È una patologia correlata all’ esposizione all’amianto . È quasi sempre diagnosticata quando è in stadio avanzato. E non c’è screening. La prevenzione? Bonificare la renderà rarissima
L’incendio divampato nell’impianto Eco X di Pomezia ha puntato i riflettori sull’amianto, presente in alcune strutture dell’edificio. E indirettamente, ma inevitabilmente, sul mesotelioma pleurico, una patologia che proprio dall’ esposizione all’amianto è provocata. La più grave tra quelle amianto-correlate, insieme al cancro del polmone. Nel momento in cui scriviamo, nel corso di un question time alla Camera dei deputati, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin a proposito del rogo della Pontina ha dichiarato che “non c’è presenza di fibre di amianto nell’aria”. In attesa di eventuali ulteriori accertamenti, Oncoline fa il punto su una malattia oncologica di cui poco si è parlato e poco si è scritto negli anni, se non nelle aule giudiziarie dei processi sulle morti bianche, o nella pagine di cronaca.
Gli uomini il doppio delle donne. Il mesotelioma è il cancro del mesotelio, e il mesotelio è una membrana che riveste diversi organi interni, per esempio i polmoni e l’interno della gabbia toracica, e in questo caso prende il nome di pleura. Ma anche l’intestino (il peritoneo), il cuore (il pericardio), i testicoli (la tunica vaginale). Ogni anno si contano in Italia all’incirca 1.900 nuovi casi di mesotelioma e oggi nel nostro paese convivono con una diagnosi di malattia grosso modo 2.700 persone. Due volte su tre sono uomini, il picco massimo intorno ai 70 anni (dati Aiom-Airtum 2016).
Una malattia tabellata. “Nel 95 per cento dei casi il mesotelioma è provocato dall’ ccccvc esposizione all’amianto soprattutto per inalazione, e in oltre il 90 per cento dei casi si tratta di mesotelioma della pleura, una malattia professionale – dice Giorgio Scaglioti, docente di oncologia medica, direttore del dipartimento di oncologia all’Università di Torino e coordinatore delle linee guida Aiom sul mesotelioma pleurico. In effetti, il mesotelioma è una malattia tabellata, cioè l’origine professionale della malattia è sorretta da presunzione legale. Fuori dal linguaggio dei giuslavoristi, vuol dire che è sufficiente che il lavoratore dimostri di essere stato adibito a lavorazioni che lo hanno esposto all’azione delle fibre di amianto perché gli venga riconosciuto il nesso di causa-effetto con l’insorgenza del mesotelioma.
Il picco: dagli anni ’80 al 2025. Per decenni l’amianto, anche detto asbesto (dal greco perpetuo, indistruttibile), è stato impiegato nell’edilizia, nell’industria automobilistica, nella produzione di vernici, nella fabbricazione di treni o navi e in molto altro ancora, raggiungendo un picco di diffusione tra il 1970 e il 1990. Per dare un’idea in termini numerici dell’estensione dell’uso di questo materiale davvero molto versatile bastano due numeri: 3.748.550 tonnellate di amianto grezzo prodotto dal 1945 al 1992 e 1.900.885 tonnellate importate nello stesso periodo, secondo i dati più recenti del RENAM, Registro nazionale mesoteliomi. A partire dal 1990, progressivamente l’asbesto è stato bandito in molti paesi occidentali tra i quali il nostro (non così in Russia né in Cina, da poco in Canada). Da noi è stata la Legge 257 del 1992257/1992 ad aver messo al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietandone la produzione e l’uso sull’intero territorio nazionale. Ciononostante l’Italia è ancora oggi uno dei paesi al mondo più colpiti dalle malattie da asbesto. Riprende Scaglioti: “ll mesotelioma pleurico ha un tempo di latenza molto lungo, decenni, anche 40 anni. Le fibre di amianto, una volta penetrate attraverso l’inalazione, si depositano nei tessuti sani, dove attirano i macrofagi, le nostre cellule spazzine, che tuttavia non riescono a rimuoverle. Parliamo di un materiale sostanzialmente indistruttibile. Lentamente la loro presenza provoca uno stato infiammatorio cronico, che a sua volta, attraverso diversi passaggi, può trasformare cellule sane in neoplastiche”. Visti i tempi di latenza e i periodi di massimo utilizzo, alcuni prevedono un picco di mesoteliomi intorno al 2020-2025.
Leggi l’articolo originale di TINA SIMONIELLO su Repubblica.it