Mesotelioma maligno, La storia della Fibronit di Broni

Oggi Broni e le zone limitrofe rappresentano l’area geografica della Lombardia con
il più alto tasso di incidenza di mesotelioma maligno, il tumore causato dall’esposizione all’amianto. Malate anche le mogli che lavavano le tute da lavoro

Quando si parla della Eternit di Casale Monferrato, la “fabbrica dei veleni” che ha provocato, a causa del mesotelioma maligno, migliaia di decessi, la memoria collettiva del nostro Paese si risveglia in un misto di angoscia, paura e indignazione per quanto successo e per quanto sta ancora accadendo in quelle zone. Ma la triste e drammatica vicenda delle morti da amianto della cementifera di Casale Monferrato non è un caso isolato in Italia.

Il caso Fibronit

Ce n’è un altro di cui si parla molto meno e che presenta molteplici punti di contatto con la tragedia casalese. Questa volta a fare da cornice sono le colline dell’Oltrepò Pavese. È il 1919 quando la Fibronit, un’azienda leader nella produzione di cemento-amianto, seconda per dimensioni in Italia dopo la Eternit, apre i battenti a Broni, piccolo centro abitato con meno di 10mila abitanti, alle porte di Pavia. La lavorazione dell’amianto inizia però nel 1933. La fabbrica resterà attiva fino al 1993. In un’area come questa, dove la principale fonte di sostentamento era rappresentata dall’attività agricola, l’insediarsi di uno stabilimento che occupava 140mila metri quadro di territorio ha rappresentato per i residenti la tanto agognata possibilità di un lavoro stabile e meglio remunerato rispetto a quello agricolo.

Le conseguenze sulla salute

Oggi Broni e le zone limitrofe rappresentano l’area geografica della Lombardia con il più alto tasso di incidenza di mesotelioma maligno, un tumore causato dall’esposizione all’amianto. A Broni i tassi di incidenza di questa malattia superano quelli di Casale Monferrato. Gli addetti ai lavori stimano un picco di incidenza fra il 2020 e il 2025. Si moriva, si continua a morire e il trend è indubbiamente in crescita. Ad annunciare questo triste primato, riconducibile alla presenza della zona della Fibronit, è uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista Medicina del Lavoro e realizzato dai ricercatori del Dipartimento di Medicina Preventiva Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano, in collaborazione con l’Università di Milano e quella di Firenze.

L’indagine svolta

«Obiettivo del lavoro è stato quello di valutare la distribuzione geografica dei casi di mesotelioma maligno in Lombardia in funzione di una pregressa esposizione all’amianto ed eventualmente identificare nuove fonti di esposizione al minerale», ha commentato Carolina Mensi, primo autore dello studio e Responsabile del Registro Mesoteliomi Lombardia (RML) attivo dal 2000 presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Il mesotelioma può avere origine in quattro sedi di distretti corporei: torace quando colpisce la pleura, addome quando colpisce il peritoneo, cuore quando colpisce il pericardio e nella membrana che riveste i testicoli. «Facendo riferimento ai dati riportati nel Registro Mesoteliomi Lombardia (RML) abbiamo esaminato le diagnosi di mesotelioma maligno registrate dal 1 gennaio del 2000 al 31 dicembre del 2012», spiega Carolina Mensi. «Abbiamo quindi rilevato 4442 soggetti con diagnosi di mesotelioma maligno: 2850 uomini (64,2%) e 1592 donne (35,8%). L’età media al momento della diagnosi era di 70.4 anni per gli uomini e 73.8 anni per le donne. Nel 90% dei casi il tumore aveva colpito la pleura. Ai pazienti affetti da mesotelioma maligno è stato somministrato un questionario volto a comprendere quale fosse stata la personale storia di esposizione all’amianto», continua Carolina Mensi. Ai soggetti coinvolti nello studio sono state fatte domande sul tipo e durata di attività lavorativa svolta da loro e dai familiari conviventi. Sul tipo di abitazione, materiali utilizzati e su abitudini domestiche potenzialmente pericolose in riferimento all’esposizione all’amianto come lavare gli indumenti da lavoro dei familiari.

La classificazione del cancro

Sulla base delle informazioni raccolte l’esposizione all’amianto è stata poi classificata come “occupazionale”, “familiare” (a lavorare nella fabbrica erano i familiari stretti) “extralavorativa” (attribuibile ad attività svolte in casa) o “ambientale” (relativa alla vicina presenza di industri che lavorano l’amianto). «Questo tipo di classificazione, realizzata esaminando caso per caso e tenendo conto della durata dell’esposizione all’amianto, ci ha permesso di individuare la principale fonte di esposizione all’amianto», spiega Mensi. «Un’esposizione di tipo occupazionale, legata quindi al lavoro svolto, è stata rilevata infatti in 2099 soggetti, il 73,6% dei casi. Per quanto riguarda i tassi di incidenza della malattia, la Provincia con il numero più alto è quella di Pavia, in particolare, quella della zona di Broni e comuni limitrofi», commenta Carolina Mensi.

Leggi l’articolo di Chiara Finotti sul Corriere della Sera